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Sharing Economy e AI. Come ti trovo il cliente perfetto!

Sharing Economy e AI sono sempre più un binomio inscindibile. Vediamo come Airbnb e Uber usano l’intelligenza artificiale nella gestione dei loro utenti.

Le applicazioni dell’intelligenza artificiale, che vediamo in questi anni, sono le più disparate. Dal campo medico a quello finanziario, dalla sicurezza all’agricoltura e così via. Non fanno eccezione le piattaforme peer-to-peer. Sharing Economy e AI difatti son sempre più intrecciate l’uno all’altra.

Le piattaforme di Sharing Economy sono a tutti gli effetti dei market place e come tali si occupano di gestire il rapporto fra domanda e offerta di soggetti privati. Ciò significa un numero elevato di piccole transazioni. Per le big del settore il ragionamento avviene, inoltre,su scala mondiale.
L’automazione dei processi è a tutti gli effetti una necessità. Solo per darvi un’idea, secondo Piero Molino, Senior ML / NLP Research Scientist nel team Uber AI Labs, il miglioramento di un solo minuto del modello predittivo del traffico di Uber si tradurrebbe in un risparmio di 3,5 milioni di giorni. Questo dato così strabiliante ci permette di capire quali siano i margini di miglioramento delle piattaforme di Sharing Economy e AI.

Non solo, le big del settore, oltre ad avere la necessità di sviluppare l’intelligenza artificiale hanno anche la capacità d’investimento necessaria per farlo. Infatti, una volta risolti i problemi gestionali, l’utilizzo dell’AI permette soluzioni impensabili a problemi complessi, creando di fatto valore aggiunto agli operatori che si iscrivono sulle piattaforme. Da questo punto di vista Sharing Economy e AI sono necessarie l’uno all’altra.

 

Come Airbnb usa l’intelligenza artificiale?

 

Nel settore dell’Home Sharing uno dei problemi più frequenti degli host è quello di non sapere a chi si affitta la propria casa o una camera da letto. Si è sempre difronte al rischio di trovarsi in casa gente pericolosa e poco raccomandata.
Airbnb ha sviluppato e brevettato un software basato sull’intelligenza artificiale che permette di individuare se un cliente ha tratti psicologici psicotici.

Il software è stato sviluppato a seguito dell’acquisizione della start up Trooly, specializzata proprio in check in background.

L’algoritmo controlla la presenza on line del cliente attraverso siti internet o social network per determinarne l’affidabilità. Se l’individuo ha tratti di “coscienziosità e apertura mentale” allora il giudizio sarà positivo, se invece ha tratti nevrotici, narcisistici e psicopatici o addirittura è stato coinvolto in crimini il giudizio sarà negativo. Si tratta di un analisi predittiva che elabora un punteggio sul rischio di ciascuna prenotazione.

Il rapporto fra host e guest è sempre piuttosto particolare, d’altra parte si tratta di ospitare in casa propria un estraneo dietro un compenso. A volte gli host si trovano difronte le situazioni più disparate:dagli atti vandalici alle minacce alla persona fisica.

 

Come Uber usa l’intelligenza artificiale?

 

Oltre a ottimizzare la gestione delle corse attraverso il traffico urbano, Uber utilizza l’intelligenza artificiale per risolvere un’altra tipologia di problema. Si tratta di un problema simile a quello di Airbnb. Spesso i driver si imbattono in utenti ubriachi che possono diventare molesti. Anche in questo caso siamo difronte a un algoritmo brevettato dalla stessa Uber. Il sistema monitora l’uso dell’app in fase di prenotazione. Controlla quindi la velocità di scrittura, la precisione dei clic sui pulsanti, gli eventuali errori di battitura e il tempo che impiega per richiedere un passaggio. In base al verdetto, l’app affida la prenotazione a driver più esperti o comunque in grado di gestire situazioni del genere.

Quello che vediamo oggi è solo l’inizio. I progetti di Airbnb e Uber vedranno nel corso dei prossimi anni ulteriori sviluppi tutti orientati per dare il miglior servizio possibile all’utente e una gestione ottimale delle proprie risorse. Keep in touch.

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