Viviamo in un momento storico in cui l’intelligenza artificiale non è più solo uno strumento di supporto, ma un nuovo attore operativo. La agentic AI, ovvero l’intelligenza artificiale dotata di capacità autonome di pianificazione, memoria e apprendimento, sta ridefinendo il modo in cui le imprese operano, innovano e competono.
In altre parole, un sistema di agentic AI è un software intelligente capace di comprendere un obiettivo, pianificare come raggiungerlo, agire in autonomia e migliorare nel tempo grazie all’esperienza, senza dipendere costantemente dall’intervento umano. È una tecnologia che non solo risponde, ma decide e impara.

Secondo McKinsey, siamo entrati in quella che potremmo chiamare “l’età agentica”: una fase di trasformazione strutturale che impone ai CEO di non chiedersi “se” adottare l’AI, ma “come” riprogettare la propria organizzazione intorno ad essa.

Dalla disillusione alla rinascita: l’AI che impara a decidere

 

Molte aziende stanno attraversando un momento di scetticismo verso la generative AI. Dopo i primi entusiasmi, i risultati economici sono stati spesso inferiori alle aspettative. Tuttavia, McKinsey invita a leggere questa fase — definita “trough of disillusionment” — non come un fallimento, ma come un’opportunità di riorientamento.

La agentic AI rappresenta infatti un salto qualitativo: non si limita a generare testi o immagini, ma agisce in autonomia per raggiungere obiettivi predefiniti, dialogando con altri sistemi e prendendo decisioni. È come passare da un assistente virtuale a un collaboratore digitale in grado di gestire processi complessi.

Reimmaginare l’impresa: dal task all’ecosistema agentico

 

Le aziende che intendono prosperare nell’età agentica devono ripensare i propri modelli operativi. McKinsey individua tre livelli di evoluzione:

  1. Agentic labor – l’uso di agenti per automatizzare singole attività, come redigere report o analizzare dati.
  2. Agentic workflows – la riorganizzazione di interi flussi di lavoro (es. customer care o supply chain) attorno a team di agenti coordinati.
  3. Agentic engine – il livello più avanzato, in cui sistemi di agenti autonomi gestiscono processi trasversali e prendono decisioni complesse, con minima supervisione umana.

Il salto di paradigma è profondo: l’azienda non adotta più strumenti, ma costruisce un ecosistema di agenti che dialogano tra loro. Questo richiede una revisione del concetto stesso di produttività, leadership e valore.

 

 

Il CEO come architetto del cambiamento

 

Nel nuovo contesto, il CEO diventa un “architetto agentico”, responsabile non solo dell’adozione tecnologica, ma della ridefinizione dei principi di funzionamento dell’organizzazione.
Tre sono le priorità indicate da McKinsey:

  • Architettare la trasformazione per creare valore: non limitarsi ad automatizzare compiti, ma ridisegnare interi flussi di lavoro con logiche agent-first.
  • Scalare la trasformazione: costruire un “agentic factory”, un team centrale che sviluppi e governi gli agenti in modo coordinato, evitando frammentazione e sprechi.
  • Riprogettare il modello operativo e le competenze: ogni dipendente dovrà diventare un “leader di agenti”, capace di supervisionarli, addestrarli e valutarne le performance.

Questo nuovo modello ibrido uomo–agente impone una trasformazione culturale: la fiducia nei sistemi diventa la base per l’adozione diffusa. Le persone dovranno comprendere non solo cosa fa un agente, ma come lo fa e perché prende determinate decisioni.

 

L’organizzazione agentica: un nuovo equilibrio umano-tecnologico

 

Entro pochi anni, McKinsey prevede che fino al 30% delle ore lavorative potrà essere automatizzato. Ma l’obiettivo non è sostituire le persone: è creare un nuovo equilibrio tra capacità umane e intelligenza algoritmica.

Le imprese più evolute iniziano già a definire nuove figure come “agent orchestrator” o “agent trainer”: ruoli dedicati alla gestione e all’allenamento degli agenti, con KPI legati alla qualità della collaborazione uomo-macchina.

In questo scenario, la leadership non coincide più con il comando, ma con la capacità di orchestrare ecosistemi intelligenti, mantenendo al centro valori, etica e cultura organizzativa.

 

Dall’urgenza alla visione

 

L’invito di McKinsey ai CEO è chiaro: agire ora. L’adozione graduale rischia di trasformarsi in un ritardo strategico.
Chi saprà muoversi per primo potrà costruire un vantaggio competitivo duraturo, grazie alla riduzione dei costi, alla velocità di esecuzione e alla possibilità di testare strategie in ambienti digital twin — repliche virtuali dell’impresa dove gli agenti simulano scenari e soluzioni in tempo reale.

In sintesi, la agentic AI non è solo una tecnologia. È un nuovo modo di pensare l’organizzazione, una lente attraverso cui osservare e reinventare il valore.

 

Impresa che pensa e agisce

 

L’età dell’agentic AI segna la fine del modello lineare di impresa e l’inizio di una nuova simbiosi tra esseri umani e sistemi autonomi.
Come scrive McKinsey, il compito dei leader è “muoversi dove il puck sta andando, non dove è stato”: anticipare il futuro, non inseguirlo.

Il cambiamento non è più una scelta. È un imperativo agentico.

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